Arte & Cultura

I SALESIANI DI PORTICI: IL Cuore di una Comunità

“La decisione è presa e non ci sono margini per tornare indietro”.

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Queste le parole irremovibili dell’Ispettore Don Angelo Santorsola in merito alla chiusura della casa salesiana di Portici. Ma la comunità dei fedeli non si arrende di fronte a questa decisione che, supportata dalla realtà nazionale del calo di vocazioni, non ascolta un’altra realtà, quella di Portici e dei paesi limitrofi: piccole grandi realtà cittadine alle pendici del Vesuvio, dove l’opera salesiana costituisce da più di cento anni il defibrillatore in grado di restituire regolarità ai battiti della vita.

E’ stato Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco, che aveva a cuore i bisogni del meridione, ad istituire nel 1902 la “prima Ispettoria Napoletana” ed a fondare la casa salesiana di Portici. L’importanza dell’opera salesiana sul territorio si manifesta ancora oggi attraverso l’impegno di più di 50 animatori e collaboratori che coinvolgono bambini e ragazzi (dai 400 ai 500 giovani provenienti non solo da Portici, ma anche dai vicini comuni di San Giorgio a Cremano, Ercolano e San Sebastiano al Vesuvio) in attività sportive e di aggregazione.               




Negli ultimi tempi, tuttavia, nonostante i salesiani continuassero ad operare vivacemente sul territorio, il calo delle vocazioni, l’età media dei sacerdoti e la fuoriuscita dall’ordine di giovani  

salesiani (attualmente in Italia Meridionale sono presenti solo 120 salesiani, di cui 70 ultraottantenni), che non avrebbero consentito, in futuro, di coprire con il numero minimo previsto di quattro sacerdoti le sedi esistenti, hanno condotto l’Ispettoria Salesiana di riferimento (Italia Meridionale, Albania, Kosovo e Zurigo) ad una pianificazione generale delle case salesiane. Senza alcun preavviso ed alcuna ragionevole motivazione, lasciando la comunità nello sgomento più totale, il Consiglio Ispettoriale ha deliberato che la chiusura della casa salesiama di Portici dovrà avvenire entro il prossimo settembre 2018.

La comunicazione della chiusura è stata data dall’Ispettore ai sacerdoti durante la visita alla parrocchia  avvenuta nella giornata del Venerdì Santo 30 marzo 2018, mentre martedì 3 aprile la notizia è ufficialmente giunta anche ai laici ed ai membri del Consiglio CEP (Comunità Educativa Pastorale). I fedeli si sono riuniti in preghiera, sperando che non si trattasse di una decisione definitiva. Una preghiera di “affidamento”, non “di protesta”, perché non si prega per protestare contro ordini religiosi, si prega per essere ascoltati, per invocare un aiuto superiore, per esortare chi si trova a prendere decisioni dettate da ragioni puramente oggettive, a guardare oltre, ad ascoltare la voce dei fedeli, a sentire il battito della fede che suona forte e si ode lontano come l’eco del rintocco delle campane della Chiesa de I Sacri Cuori di Gesù e Maria di Portici.

I rappresentanti del Consiglio hanno chiesto la proroga di un anno per questa chiusura giunta come una pugnalata al cuore della comunità ed hanno prospettato soluzioni alternative alla chiusura, già sperimentate e vissute con successo in altre comunità salesiane del meridione. Tuttavia, l’Ispettoria non ha voluto riesaminare la propria decisione ed appellandosi alla presenza sul territorio di altre numerose sedi parrocchiali, ha espressamente manifestato la propensione dei superiori salesiani a tenere aperte case salesiane in luoghi ove ci sono giovani più bisognosi. Tale affermazione ha provocato immediatamente la reazione violenta dei giovani che hanno chiesto un incontro con il Rettor Maggiore Angel Fernandez Artime e che continuano ad esprimere sui social il loro dissenso e il loro dolore, chiedendo ai superiori salesiani di aprire le loro braccia e di accoglierli come Don Bosco, mettendo a tacere le loro paure.




Ancora incontri, ancora richieste di ascolto, ancora parole di speranza, ancora preghiere. La comunità salesiana di Portici  non si arrende e continua a lottare per difendere la sua casa, dove per intere generazioni sono stati tramandati e vissuti i principi di Don Bosco. La comunità continua a far sentire la sua voce, la voce dei giovani di Don Bosco che per più di cento anni ha animato le stanze del grande palazzo ottocentesco di via Dalbono e dei campi sportivi. Un coro di giovani voci, quelle di ieri e quelle di oggi, si alza per difendere quello che è considerato da più di un secolo un baluardo di salvezza in una realtà difficile come quella napoletana. Perché questi quartieri di Napoli, come possono definirsi Portici e gli altri comuni limitrofi al capoluogo campano, non sono esenti dalle  problematiche sociali ed economiche che interessano tutte le aree del meridione. Perché a Portici, come in Puglia e come in Calabria, indifferentemente,  la comprensione, l’ascolto, l’amore, la condivisione  per i problemi sociali, manifestazioni dell’essere salesiani, hanno  sempre costituito un punto fermo per la comunità, un approdo sicuro nel maremoto della vita.

Famiglie numerose in difficoltà, ragazzi senza una guida, indipendentemente dal ceto sociale, hanno sempre cercato e trovato nell’opera salesiana il faro della fede cristiana e dei valori imprescindibili della vita. Perché ai salesiani di Portici la fede non è mai stata un’entità astratta e silenziosa, ma ha sempre avuto la voce dei ragazzi che urlavano “goal” sui campi di calcio ed i valori religiosi, ai quali sono state educate  intere generazioni, non hanno mai avuto il sapore del sacrificio e della privazione ma quello della condivisione, del dono, della vita di gruppo, del gioco, del confronto. Attraverso i principi salesiani la comunità di Portici è cresciuta nella fede, nella musica, nello sport, educando il corpo e la mente ai valori cristiani ed oggi difende questi valori come un figlio difende la memoria del padre. La comunità lotta con tenacia per impedire che scenda il silenzio sui campi di calcio e nelle stanze dell’oratorio giovanile, per impedire che le chitarre si scordino e le attività svolte dai salesiani sul territorio in questo centenario restino solo un ricordo. Perché oggi più che mai, in un mondo in cui i valori cristiani e quelli della vita sono superati da valori fittizi, non si può non ascoltare questo grido di dolore, questo bisogno di aiuto. 




E’ il bisogno di una comunità del XXI secolo che ha trovato nella spiritualità salesiana il lato sano di quel riscatto sociale che nella realtà napoletana sfocia facilmente nella prepotenza, è il bisogno di un gruppo di giovani e adolescenti che chiedono di non viaggiare soli in una vita senza stabili mete. Come si può ignorare questa richiesta di aiuto? Come si può pensare che questi giovani abbiano meno bisogno di aiuto rispetto ad altri? Come si fa oggi a quantificare il bisogno di aiuto dell’essere umano? Come si può non ascoltare la voce dei fedeli  in un mondo in crisi? Come si può allontanare un popolo di fedeli dalla propria casa e ritenere che possa continuare ad essere un gruppo togliendogli identità?

La comunità intera si affida all’intimità della preghiera ed attende fiduciosa che il Rettor Maggiore ascolti il grido di  questi giovani disorientati, smarriti e delusi che chiedono di trovare ancora dimora e accoglimento in quei luoghi pervasi dall’odore degli aranci della immensa spiritualità salesiana.

Silvia D’Eboli

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